lunedì 24 maggio 2010

Roberto Bolaño - Tra parentesi

Massimiliano Di Mino ,   Il paradiso degli orchi -  marzo 2010


La letteratura è una malattia. Scrivere è una malattia.
Non si parla dello scrittore maledetto, del martirio, dell’ascetismo o altri metodi per arrivare in cielo, ma più semplicemente di un destino o un demonio che puoi o meno seguire, o al contrario decidere di combattere o raggirare (mettendo su per esempio una tua casa editrice); le lettere, prendendo forma e forza con ogni nuovo libercolo, non si accontentano di tracciare una via, ma tracciano le esistenze, le incidono come solo può fare una grande gioia, un dolore, qualcosa a cui non avevi mai pensato o alla quale non sai dare una spiegazione. Vale così per un amore come per una dittatura. Un altro modo per ingannarsi e credersi in grado di cavalcare questo serpente fatto di carta e raccontare le tue scorribande, i tuoi compagni d’avventura e il tuo atteggiamento verso la vita.

Tra Parentesi è un compendio (ma potrebbe benissimo essere una valigia di cartone), dove si possono tirare fuori saggi, recensioni, racconti autobiografici e trucchi per trasformare la nostalgia più pura in oro letterario.
Tra parentesi è anche, come ci suggerisce nella prefazione il curatore Ignacio Echevarrìa, una sorta di autobiografia frammentata e se lo scrittore Riccardo Piglia (uno dei migliori autori latino-americani alle prese però con un delirio per gangster e malavitosi, secondo Bolaño) afferma che la critica è la forma moderna di autobiografia, bisogna anche leggere che Roberto Bolaño non amava le autobiografie, così come la scrittura da giardino, quella letteratura solipsista, tanto in voga in Europa. Bolaño non aveva nulla di personale contro le autobiografie purché chi le scriva abbia un pene in erezione lungo trenta centimetri.
Tra parentesi è un lungo, comunque troppo breve, viaggio nella poetica di uno scrittore, nei suoi valori che divengono meta letterari. Attraverso una raccolta poco omogenea di pensieri, critica e metafore possiamo immergerci nelle sue credenze come nelle sue passioni e nelle antipatie: poche, a dire il vero, perché Roberto Bolaño era un buono incapace di odio, perché l’odio, se non perdura, non è odio.
L’autore, in fin dei conti, sembra rispettare e amare proprio tutti con l’unica condizione di avere coraggio, di sapere affondare senza reticenze la testa nel buio. In questi testi Bolaño rivela molte dei suoi gusti, nonché delle influenze letterarie: Borges su tutti, Philip K. Dick, una specie di Kafka passato attraverso l’acido lisergico e la rabbia; Nicanor Parra, cantore delle sfide inutili e necessarie; Rodolf Wilcock, scrittore leggendario, e ancora i suoi amici Rodrigo Fresan e il sempre celebrato Mario Santiago, e molti molti altri che insieme disegnano una mappatura della letteratura del secolo appena passato e diventano un complemento imprescindibile per rileggere l’intera opera del cileno.
La letteratura è una malattia e Tra parentesi è l’autobiografia di uno scrittore morto, ma scrive Bolaño “ […] La letteratura, a differenza della morte, vive all’aria aperta, senza riparo, estranea ai governi e alle leggi, tranne che alla legge della letteratura che solo i migliori fra i migliori sanno infrangere. E allora non c’è più letteratura, ma esempio.
E questo mi strappa un sorriso, è amaro, ma è sempre un inizio.

© Massimiliano Di Mino





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