domenica 18 luglio 2010

la velocità della luce

La velocità della luce, Guanda ed. 



Javier Cercas 



E allora, quando stavo per attraversare la strada  e andare a salutare Rodney, mi bloccai. Non so con certezza perchè lo feci ma credo di aver notato qualcosa che mi dissuase o che mi sembrò addirittura minaccioso,  una rigidità come congelata nella sua posa, una tensione dolorosa, quasi insopportabile, nel modo in cui se ne stava seduto e guardava i bambini giocare. Io mi trovavo a venti o trenta metri da lui, per cui non lo vedevo bene in faccia, lo scorgevo solo di profilo. Immobile, ricordo che pensai: ha così tanta voglia di ridere che non riesce a farlo. Poi pensai: no,  sta piangendo e continuerà a piangere e non smetterà di piangere, ammesso che possa smettere di farlo, finchè i bambini non se ne andranno via.  Poi pensai: no, ha così tanta voglia di piangere, che non riesce a farlo. Poi pensai: no, ha paura, una paura affilata come un rasoio, una  paura che taglia e sanguina e di cu isi sente il fetore lontano e che io non posso capire. Poi pensai: no, è pazzo, completamente pazzo, così pazzo da essere capace di ingannarci tutti e fingere di essere savio. ( ... )
Il bambino faceva altre cose: annuiva, sorrideva, negava scuotendo la testa, annuiva di nuovo, a un certo punto, dopo aver guardato Rodney negli occhi, l'atteggiamento del bambino cambiò: sembrò incredulo o spaventato o addirittura (per un istante fugace) in preda al panico, sembrò volersi allontanare dalla rete, ma rodney lo trattenne afferrandolo per un polso e dicendogli qualcosa senza dubbio per tranquillizzarlo; allora il bambino prese a divincolarsi ed ebbi l'impressione che stesse per urlare o mettersi a piangere. [   pag 41 - 42
 ....pensai che stesse piangendo, o meglio, ero certo che stesse piangendo, ma un istante dopo pensai che stesse soltanto scrutando la notte in un modo strano, come se ci vedesse cose che io non potevo vedere, come se guardasse un insetto enorme o un ospecchio deformante, e poi pensai di no, che in realtà osservava la notte come se stesse camminando lungo il bordo di un abisso nero e non ci fosse nessun altro che provasse tanta vertigine e tanta paura quanto lui, e a un tratto, mentre pensavo questo, notai che tutto il risentimento che avevo incubato nei confronti di Rodney durante la settimana era svanito.... [   pag 49 ]
      
Succede a volte che un gesto, una parola o persino lo sguardo di una persona ci trasmettano un senso di inquietudine, o di paura,  e non ne conosciamo i motivi, e arriviamo a sospettare che ciò che ci ha colpito di quela persona - magari non subito, ma qualche tempo dopo, quando aspettiamo la metro,  oppure camminiamo per strada,  nei momenti morti -, che  sia come un segnale che amplifica e riflette qualcosa  che sta dentro di noi  e che non riusciamo a decifrare.  E allora cerchiamo di capire le misteriose cause della nostra inquietudine, di svelare l'enigma.....
I romanzi di Javier Cercas raccontano l'inquietudine  e l'io narrante si adopera per indagarne le cause e svelare l'enigma.  Anche in questo romanzo l'autore gioca con la finzione autobiografica. Il narratore non è del tutto estraneo alla biografia dell'autore,  Alcuni tratti, alcuni episodi sono mutuati dalla vita di Javier Cercas

Justo Serna: E Nelle sue narrazioni, di solito si è in presenza di un enigma, un personaggio contemporaneo o remoto di cu isi sanno poche cose o la cui fisionomia, la cui motivazione, la cui inclinazione sono escure. Di fatto da El Movil fino a La velocita della luce  i narratori delle storie (o coloro che fanno le indagini) sogliono mostrarsi impotenti al momento di chiarire questo mistero con cui si confrontano. Ciò non impedisce loro di lasciarsi andare con la fantasia incontrollata (frutto di indizzi schiaccianti) o, semplicemente, per le congetture incontenibili a cui si affidano con istinto di seguigi. A volte non c'e' mistero e, pertanto, il personaggio indagato è solo una sfinge senza segreto. In altre occasioni l'individuo indagato ci appare finalmente come un soggetto indecifrabile,  lasciando l'investigatore come un tipo diligente ma sconfitto.

Javier Cercas: La descrizione mi sembra esatta. Forse in fin dei conti io non scrivo di più che una  specie di romanzi di enigma dove l'enigma è alla fine irresolubile, il che forse è una metafora della letteratura (o, più in generale, della conoscenza): questa cerca ferocemente una verità sapendo che alla fine questa verità  gli si sfilerà dalle mani, e durante il cammino scopre che la verità che cercava non si trovava nella risoluzione impossibile dell'enigma, bensì nella sua interrogazione.  Mi rendo conto che questo enigma è quasi sempre un'enigma morale, ma ciò che importa è che la soluzione dello stesso - non potendo essere di un'altra forma, posto che stiamo parlando di letteratura - non si trova nel che ma nel come. Per il resto, questa interrogazione generale è anche, temo, una metafora del modo in cui i libri sono stati scritti: siccome quando scrivo parto sempre da una perplessità, sono incapace di concepire la scrittura di un libro come racconto di una storia; la concepisco come processo di indagine di una storia

[26 giugno 2006]
  carmelo p.


...l'ultimo brano che mettevano ogni sera...era It's Alright, Ma (I'm only Bleeding) [pag 33]

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