mercoledì 28 luglio 2010

Raffaele Simone: 3. Il paradigma multimediale

  Raffaele Simone - giugno 2000  

Italiano scritto




Raffaele Simone - tre paradigmi di scrittura 

3. Il paradigma multimediale

Dirò invece per concludere qualche cosa a proposito del terzo paradigma che sta scombussolando parecchio le carte di chi riflette su queste cose, perché fino a qualche anno fa sembrava che, contrapponendo il testo scritto secondo il paradigma platonico a quello digitale, la tipologia fosse completa, e nulla più ci fosse da raccontare su questo tema.

Da qualche anno si impone sempre più chiaramente una terza forma di scrittura, che chiamo multimediale, e che, sfruttando ed enfatizzando alcune delle proprietà del testo digitale, sta producendo dei fenomeni che non stanno né nella prima né nella seconda delle categorie che ho illustrato fino a questo momento. Piuttosto che commentarlo voglio dare due esempi di testo multimediale: uno è la scrittura delle pagine internet, che sono una tipologia importante di scrittura: al tempo stesso testo scritto, immagine, suono, link, movimento; cioè una commistione di media in cui la scrittura offre spesso l'armatura complessiva dell'architettura ma non è assolutamente l'unico dei canali di cui ci si serve. Non sopporteremmo una pagina internet fatta solo di testo scritto; anzi consideriamo modesti i siti dove si apre e c'è una paginata di testo scritto vogliamo qualche cosa di più, in cui la scrittura è soltanto una componente. Quindi la scrittura non è più la modalità privilegiata del testo scritto, ma diventa una modalità insieme ad altre; è multimediale e al tempo stesso cambiano taluni presupposti della scrittura; è una scrittura destrutturata: in internet non possiamo leggere un testo che sia più lungo di 10-15 righe; una delle prime cose che deve imparare il web writer è appunto l'abilità di scrivere in 4 righe un pacchetto di notizie dal quale poi, cliccando in maniera appropriata, si possa passare a un altro testo, che è di 12 righe, dove il discorso finisce. Un livello di 36 righe, o peggio ancora di 50 pagine, sarebbe in quel caso insopportabile. Il testo scritto deve associarsi a immagini; l'immagine deve avere una certa interrelazione con questo testo; i modelli di scrittura quindi si vanno integrando con altri canali, e al tempo stesso destrutturando nel loro intrinseco.

Ci sono però altre forme più semplici, e se volete tecnologicamente più primitive e secondo me, non particolarmente apprezzabili, di questa scrittura multimediale; sono da un lato le scritte sui muri, un fenomeno che considero detestabile ma che senza alcun dubbio rivela il trasformarsi del concetto generale di scrittura che anche persone poco alfabete stanno elaborando nella loro mente: la convivenza di scrittura, immagine, interazione con altri media (per esempio il mondo musicale, giovanile, il mondo politico), in cui la scrittura può essere un elemento di inquadratura di questa complessa organizzazione, ma non è più assolutamente la pista fondamentale attraverso cui il messaggio passa. In un testo interessante, curato da Paola Desideri e altri, che si intitola I segni sui muri, ci sono fotografie e discussioni piuttosto notevoli: per esempio sul fatto che anche lo zainetto dei bambini e degli adolescenti sia diventato un veicolo multimediale di scrittura, immagini, rappresentazioni; non sono particolarmente versato, non avendo più figli piccoli, ma rimango meravigliato dalle argomentazioni che questo libro contiene, perché si vede che anche un preadolesecente, come un tempo si diceva, elabora una propria idea di multimedialità per cui lo zainetto non è un contenitore ma è un portatore di messaggi, e questi messaggi sono in parte scritti, in parte disegnati, in parte richiamano il contenuto dello zainetto; c'è insomma un'interazione di codici straordinariamente complessa che mi lascia immaginare che la scrittura tenda, a diversi livelli (da internet alla scrittura sui muri e alla scrittura infantile sugli zainetti) naturalmente verso una multimedialità di qualunque forma, talvolta povera ed elementare, persino ripugnante, come considero la scrittura sui muri, ma comunque rivelatrice di una necessità di associare il testo scritto a qualche altra cosa.

Anche qui sarebbe facile trovare delle analogie nella storia; quindi probabilmente siamo soltanto innanzi a uno dei tanti pendoli della cultura. Ma in questo caso il rintocco del pendolo è più imponente e, secondo me, anche più inquietante perché il motore di questo pendolo non è più soltanto l'evoluzione della penna o della tecnica di scrittura, ma è l'evoluzione della telematica, dell'informatica, entità cioè enormemente più potenti e più rilevanti.

Concludo dicendo che, qualunque operazione di scrittura facciamo, ci collochiamo inevitabilmente in uno di questi modelli; secondo me può essere utile riflettere un po' su questi paradigmi per vedere in quale siamo, in quale potrebbe essere più interessante spostarci, a quali orizzonti o traguardi ulteriori si possa eventualmente tendere nello sviluppo di una tematica, quella della scrittura, che sembrava sistemata per sempre e che invece rivela ogni momento straordinarie possibilità di innovazione.

(Conferenza tenuta a Venezia il 5 giugno 2000. Il testo è stato lievemente ritoccato per la lettura).

© Raffaele Simone - 



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