domenica 1 agosto 2010

Milosz canta l' esilio: l' uomo smarrito in una natura felice

  Rigoni Mario Andrea

23 febbraio 2008

Di Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz in italiano si potevano conoscere fino a oggi soltanto alcune pièces teatrali, apparse da Jaca Book (1977), oltre a una singola lirica inclusa da Montale nel suo Quaderno di traduzioni (1948). Tali testi lasciavano difficilmente intuire sia la fisionomia poetica dell' autore sia quell' autentico groviglio etnico, linguistico, culturale e spirituale (esteso alla complicata vicenda del nome stesso), dal quale emerge il poeta e la sua opera - tutta composta in francese. 

In anni più recenti Czeslaw Milosz, premio Nobel per la letteratura nel 1980, dedicò a Oscar, di cui era cugino, molte pagine della sua autobiografia intellettuale, La terra di Ulro, edita da Adelphi nel 2000. Mancava ancora l' opera poetica, di cui adesso la stessa Adelphi pubblica, con testo francese a fronte, traduzione, note e saggio critico ottimamente curati da Massimo Rizzante, un' ampia antologia, tratta da diverse raccolte, che vanno dal 1894 al 1937 ( Sinfonia di Novembre e altre poesie, prefazione di Milan Kundera). 

Nato nel 1877, suddito dell' impero zarista, a Cereja (nell' attuale Bielorussia), da madre ebrea polacca e da padre lituano «polonizzato»; battezzato fanciullo con rito cattolico; di lingua polacca ma lituano per tradizione familiare e per elezione personale; Oscar Milosz, la cui nonna era di origine italiana, imparò via via il russo, il francese, l' ebraico, l' inglese, il tedesco, il lituano e viaggiò in vari Paesi europei. 

Amico di Wilde, Moréas, Apollinaire, lettore e traduttore dei maggiori poeti romantici europei, ammiratore di Lamartine, di Byron, di Hölderlin, di Goethe e di Swedenborg, fu conoscitore della Bibbia (che leggeva nell' originale), dell' ermetismo, della mistica ebraica e, in particolare, della Cabbala, che anche praticò. Nel 1901 tentò il suicidio; nel 1910 si insediò definitivamente a Parigi, pubblicando un notevole romanzo, L' amoureuse Initiation; nel 1914 ebbe una sconvolgente visione mistica; nel 1919 entrò nel corpo diplomatico dell' appena nata Repubblica di Lituania; nel 1931 acquisì anche la cittadinanza francese, stabilendosi infine a Fontainebleau, dove morì nel 1939. 

L' esperienza originaria di Milosz sembra quella che ogni individuo che venga a questo mondo e che sia dotato di un barlume di sensibilità metafisica, ma anche di sensibilità semplicemente, compie. L' uomo si vede precipitato in un tempo e in uno spazio nel quale, mentre ogni altro essere, ogni altra cosa, ogni altro evento naturale trova il proprio luogo, il proprio ritmo e il proprio fine, egli soltanto vaga smarrito e straniero dentro un orizzonte insieme definito e indecifrabile. 

Non è la sola contraddizione che sperimenta: un tale mondo, se nella natura esibisce a ogni istante un' irresistibile armonia e una toccante bellezza, nella storia non è che un desolante e interminabile spettacolo d' atrocità, di sofferenza e d' orrore, quel luogo infernale che Blake chiamava in una sua visione la «terra di Ulro». 

Come non cercare, attraverso le analogie, il punto di coincidenza della perfezione e della pace - il Luogo dei luoghi, il Tempo dei tempi, il Ritmo dei ritmi? Tutta l' intricata vicenda biografica e spirituale di Milosz, la sua inclinazione gnostica e la sua attrazione esoterica, la varietà delle sue esperienze intellettuali e linguistiche, rappresentano quasi una trascrizione o una metafora di questa condizione di esule e di transfuga perenne, che rispecchia un dramma insieme individuale e cosmico. 

Ma, se l' ardua costruzione teosofica di Milosz, esposta in vari scritti, lascia tracce anche nella sua poesia, essenziale rimane per noi l' emozione lirica che trasmettono i suoi versi, fatti di nostalgia visionaria e di melodico incanto. Milosz condivide intimamente il motto di Baudelaire (uno degli ispiratori, con Poe, delle sue prime raccolte): «Anywhere out of the world!». Tale tensione dell' anima resta costante nella sua opera, anche se conosce forme ed esiti diversi. Talvolta la «vergogna di vivere» ispira toni di un' amara ebbrezza: 

«Vuotiamo tre volte le coppe per la morte di Bacco 
e delle Ere che, così si dice, sono esistite. 
Abbiamo visto fluttuare alla deriva, al chiaro di luna, 
il vecchio ventre del dio dei vini nell' acqua putrida del Lete»
(Il canto del vino). 

Talora approda a una saggia, malinconica rassegnazione: 
«Ah, certo, se esiste dolcezza a questo mondo 
non può che albergare nei vecchi cimiteri gravi e onesti 
dove la debolezza più non dice sì, dove l' orgoglio più non dice no, 
dove la speranza non tormenta più gli uomini stanchi» 
(Il Vecchio Giorno). 
Talvolta conduce alla raffigurazione di un magico aldilà, replica di un aldiquà purificato:
«Tutto sarà proprio come in questa vita!(...)
Sarai vestito di viola pallido, incantevole dolore!
E i fiori sul tuo cappello saranno piccoli e tristi (...)»
(Sinfonia di novembre). 
Più raramente si accorda invece, con levità fiabesca, al ritmo della natura:
«Io sono il vento allegro, il celere fantasma
dal volto di sabbia, dal manto di sole.
Nel mio lontano regno mi vince il tedio, a volte;
allora con la punta dell' alluce io sfioro
l' imbronciato oceano immerso nel suo sonno.
Il vecchiardo si sveglia subito, si tira
e maledice sordamente l' eterno sbeffeggiatore
lo spensierato passante che gli soffia il riso
sugli occhi offuscati da lacrime di sale (...)»
(Il vento). 
Paul Valéry scrisse, a proposito di una lirica di Milosz (intitolata H, lettera dell' alfabeto ebraico e insieme simbolo swedenborghiano dell' eternità o dell' infinito), che mai aveva visto «un testo così vicino all' essere»: elogio iperbolico, ma rivelatore.
L' autore Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz nacque a Cereja (oggi Bielorussia) nel 1877 e morì a Fontainebleau nel 1939 Le opere Oltre alle raccolte di versi scrisse un romanzo («L' amorosa iniziazione»), un dramma su Don Giovanni («Miguel Mañara») e varie opere mistico-teosofiche

*** OSCAR V. DE L. MILOSZ  Sinfonia di Novembre ADELPHI PP. 300, 25



Corriere della sera  23 febbraio 2008
© Rigoni Mario Andrea

 

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