sabato 7 agosto 2010

Pierre Levy:gli utenti di internet guardano la televisione?

intervista a Pierre Levy



12/06/2009
Levy: gli utenti di internet guardano la televisione?
Intervista al filosofo del Cyberspazio, Pierre Levy, rilasciata in occasione di una pubblicazione di una sua opera e pubblicata sul sito Hackerart.org. Intervista nella quale Levy parla del consumo delle nuove tecnologie e delle sue caratteristiche.


Spesso si chiede agli utilizzatori di internet, dove trovano il tempo da dedicare alla Rete?

Pierre Levy: Io stesso sono un utilizzatore di internet e posso dirvi che la maggior parte del tempo la passo tra le 19:30 e le 21:30, cioè nell'ora in cui normalmente si guarda le TV.
Negli Stati Uniti si constata tra i più giovani una diminuzione della partecipazione televisiva. Questo pubblico sembra preferire i videogiochi alla TV. Mentre i giovani tra i 10-15 anni, occupano il loro tempo navigando e comunicando su internet.
Questa constatazione è semplicemente dovuta al tempo, non si può fare tutto.


Le reti telematiche sono una fonte incommensurabile di informazioni. I canali convenzionali (TV, radio, giornali, ecc.) sembrano vacillare di fronte allo sviluppo di questo nuovo media. Come spiega questo fenomeno?

Certo, bisogna dire che la gente è attirata verso questo stile di comunicazione perché introduce una rottura molto forte con i dispositivi di comunicazione conosciuti, in particolare quello della televisione. Nei media troviamo un centro emittente che diffonde un messaggio a un grande numero di riceventi, che essendo dispersi non possono comunicare tra loro, e nemmeno rispondere all'emittente. Mentre con internet, e in particolare nei forum di discussione e nelle comunità virtuali, si ha la possibilità di una comunicazione reciproca - tutti possono inviare e ricevere - in questo modo si crea una vera e propria comunità.
Ciò significa che potete spedire dei messaggi a un gruppo di persone, e se uno del gruppo risponde, tutti possono leggere la risposta creando una vera e propria discussione.
Dunque una comunità può crearsi una memoria, un contesto comune che unisce il gruppo.
A differenza dei contesti comuni fabbricati dalla televisione, che provengono da un centro separato dagli individui, quello creato su internet è emergente, proviene dall'attività di comunicazione dell'insieme che vi partecipa.
Questo lato, comunitario e interattivo, è molto attrattivo ed è per questa ragione che molta gente vi partecipa.

Il rapporto con l'informazione è quindi molto differente. Su internet non si parla di diffusione dell'informazione. Non esiste un centro che irradia l'informazione, come lo fanno TV, radio, giornali, ecc.
La cosa è piuttosto paragonabile a un grande magazzino dell'informazione, dove ciascuno apporta ciò che lui giudica interessante. In questo modo l'iniziativa appartiene all'individuo che è alla ricerca dell'informazione. Vi è dunque una specie di inversione dell'iniziativa; è l'individuo che decide se l'informazione è interessante o meno. Mentre nei media tradizionali, sono forzatamente un mediatore o un giornalista, che decidono ciò che interessa alla gente.

Non vi è il pericolo che l'intelligenza collettiva omogeneizzi tutto; che internet porti a una standardizzazione delle culture e delle diversità?

Al contrario, l'impressione comune per chi utilizza questo mezzo, è quella di una specie di disordine, un'eterogeneità; in internet c'è veramente di tutto...
E` piuttosto questa l'impressione che si può avere di internet.
Se navigate su World Wide Web (WWW), potete trovare tutti i partiti politici, tutte le religioni, tutte le nazioni, le proposte le più inimmaginabili. Bisogna comunque dire che per il momento, anche sul WWW, i più grandi utilizzatori di internet sono la comunità accademica: i ricercatori, gli studenti, ecc. Dunque c'è anche molta conoscenza scientifica in Rete. Ma sono delle conoscenze che vengono da tutti i paesi del mondo. E ciò che garantisce che la cosa rimanga così, è proprio la struttura di questo dispositivo di comunicazione. Non può esserci un centro di controllo o dei mediatori imposti. Se volete far apparire un testo non siete obbligati a passare da un caporedattore, un editore o avere l'accordo della chiesa, lo mettete in circolazione e basta. La stessa cosa vale per un video e la musica. Certo ancora oggi per la musica e le immagini animate ci sono ancora dei piccoli problemi di ingorgo delle reti, ma presto sarà cosa fatta.
Il fatto che non ci siano i "punti di strozzatura" che decidono se un'informazione passa oppure no, è garanzia della varietà.
Sul piano teorico, per me l'intelligenza collettiva non è una fusione in una di specie di magma comunitario, è al contrario il mutuo rilancio di tutte le singolarità. La cosa diventa interessante se ci si mette in sinergia, se si crea la complementarità tra: le competenza, le risorse, i progetti di un gruppo di persone. Questa è l'intelligenza collettiva. Se si dice che tutti penseranno la medesima cosa, per me questa è piuttosto la deficienza collettiva...

Come mai le nuove tecnologie ci spingono a parlare di un nuovo spiritualismo?

Le tecnologie rendono lo spiritualismo accessibile a una mentalità comune, esse ci danno una pratica concreta di queste idee. In Rete si incontra la diversità. Siamo difronte a un labirinto d'informazione, ci si rende conto che l'informazione non è totalizzabile, non si potrà mai digerirla e trovargli un organizzazione definitiva. Con internet possiamo vederlo e sentirlo concretamente.
E nello stesso momento internet ci da una nozione concreta del fatto che abitiamo tutti lo stesso pianeta, formiamo la medesima specie, che è l'umanità, ecc. questo perché avviene questa interazione planetaria tra le persone.
Non ci sono delle novità concettuali ma le reti ci offrono un'esperienza concreta dell'idea che prima era astratta.
In fondo tutte le forme culturali che tendono all'universale, come la scienza e la religione costruivano la presenza dell'umanità in maniera virtuale.
Nella scienza ogni qualvolta che uno scienziato fa una nuova scoperta fa progredire l'umanità intera rendendo la scienza e le scoperte, di principio, accessibili a tutti.
I grandi messaggi delle religioni universali: come la fine del mondo, la salvezza, concernevano l'insieme dell'umanità, ma la concerneva in modo virtuale.
Mentre con internet, abbiamo per la prima volta un sistema che collega la gente con la gente, cioè l'umanità con se stessa, ma questa volta non virtualmente bensì in modo concreto.
Ciò è paradossale perché quando si fa riferimento allo Ciberspazio, si pensa subito al mondo virtuale, ma io penso che al contrario esso rende concreto ciò che in precedenza era virtuale. È una nuova forma di universalità.
Un universalità che non si fonda sulla chiusura di una significato o un senso unico per tutti quanti, ma al contrario si tratta di un'universalità che è impossibile a totalizzare, un'universalità basata sull'interconnessione.


Quali sono le evoluzioni nel campo del sapere e dell'educazione per una società che sempre di più comunicherà in rete?

Si comincia a capire che non esistono più delle organizzazioni stabili della conoscenza. La conoscenza è qualche cosa che, oggi sempre di più, è in flusso continuo. Le nozioni di programma, di corso, eccetera, non sono più adeguate; ci stiamo dirigendo verso un apprendimento per navigazione, e soprattutto un apprendimento cooperativo, vale a dire uno scambio d'informazione e conoscenze tra le persone. E questo non necessariamente a una scala locale, ma probabilmente a un livello mondiale. Ciò rimette in questione il ruolo dell'insegnante, che secondo me, non avrà più come principale funzione quella di trasmettere delle conoscenze, ma di animare l'intelligenza collettiva dei suoi studenti o allievi. Dare loro la voglia di imparare, stimolarli, aiutarli ad orientarsi, a costruirsi e appropriarsi dei sistemi di pensiero e di apprendimento.

Intervista rilasciata da Pierre Levy in occasione della pubblicazione del suo libro L'intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio e pubblicata sul sito hackerart.org.

--

 

Nessun commento: